mercoledì 23 novembre 2011

Capitolo 9 - Amici, Nemici, Ex Amici, Ex Nemici & Soci



Peter arrivò in vista dell’isola poco prima del tramonto ed al suo occhio d’aquila non sfuggì qualcosa di strano che però nemmeno lui avrebbe saputo ben definire. Dall’alto, in effetti, non vedeva alcun particolare trambusto nell’isola, non c’era agitazione sospetta, notò però che le sirene non erano al loro solito posto sulla Roccia del Teschio, il coccodrillo girava vorticosamente intorno allo scoglio come se si aspettasse di veder cadere Uncino nell’acqua da un momento all’altro e il Grande Capo scrutava il cielo preoccupato mentre i suoi guerrieri battevano lugubri colpi sui loro tam tam intonando la triste nenia dell’Alce Azzoppato.
Peter volò subito alle dimore sotterranee dove trovò i Bimbi Smarriti rincantucciati nei letti come sgomenti per qualche infausto presagio. Anche Pennino e Volpuccio solitamente allegri, erano tristi e i Gemelli non riuscivano a farsi compagnia nemmeno tra loro.
“Che succede ragazzi?” chiese Peter cercando di mettere allegria nella voce.
“Il cielo cade su di noi!” dissero in coro i ragazzi.
“Ma che dite mai!” protestò Peter.
“Scendono dal cielo animali enormi…”disse Orsetto.
“…con strani strumenti per misurare la terra!” aggiunse Trombetta.
Era difficile anche per Peter capire cosa potesse avere così tanto spaventato i ragazzi e decise pertanto di volare al campo indiano.
“Odore di morte nei Grandi Territori di Caccia!” disse il Gran Capo in risposta alle domande di Peter “Grandi guerrieri volanti cerca Peter intorno e non trova…”
Occorreva dunque affrontare il mistero che si annidava nei Grandi Territori di Caccia e Peter, sapendo che questo era compito del capo, non si tirò indietro.
Ormai era scesa la sera ed il buio lo proteggeva per cui volò spavaldamente senza precauzioni verso l’inizio dei Territori e ad una certa distanza vide un grande falò che illuminava alcune tende davanti alle quali si muovevano parecchi uomini.
Non erano né indiani né pirati. Chi mai potevano essere? Decise allora di percorrere a piedi l’ultimo tratto nascosto tra gli arbusti.
Strisciò come un ratto avvicinandosi al fuoco mentre il suono delle voci si faceva più distinto. Una, più forte ed autoritaria delle altre disse:
“Allora, signor Hodmen, a che punto sono i progetti?”
E una monotona voce dal pesante accento strascicato illustrò anche a beneficio di Peter il drammatico scenario turistico che tanto stava a cuore a Lord Rubbish, il tutto condito da preventivi di costi e accessori…
“…Resta soltanto da definire cosa vogliamo fare qui, ai territori di caccia, milord!”, concluse la voce.
“Bene!” riprese la voce autorevole che aveva l’accento tipico di un grande college inglese e che ricordava stranamente quella di Uncino “Per questa zona ho due idee. Qui, dove siamo, faremo prima di tutto un grande campo da golf, completo di club house.
I Ragazzi Perduti saranno degli ottimi caddies e lavoreranno a costo zero, dopo che avremo tolto loro quelle ridicole pelli d’orso di dosso. Se protesteranno per la paga o per la divisa li affiderò a Johnny il Fetido e al suo randello!”
Crasse risate risuonarono intorno al fuoco mentre un brivido scorreva lungo la schiena di Peter e la sua mano stringeva più forte il coltello.
“Qui nella prateria – riprese la voce - organizzeremo partite di caccia per i nostri clienti, ma, e vorrei che prendeste buona nota di questo, dobbiamo organizzarci fin d’ora per fare qui anche la caccia alla volpe. Qualcosa mi dice che prima o poi qualche odioso governo progressista vorrà abolirla in Inghilterra e allora l’aristocrazia britannica se vorrà ancora cacciare la volpe dovrà venire qui da me, da Lord Ffink Pfenninger Jones, nel mio albergo, sui miei cavalli, con i miei cani e dovrà stare dietro ai miei Masters…
E’ sui campi da golf ed ai parties che seguono le partite di caccia alla volpe che in Inghilterra si combinano i migliori affari, e così a combinarli sarò sempre io…”
Appena udì pronunciare il nome Ffink Pfenninger Jones, per Peter fu tutto chiaro! Quello che stava parlando era lo zio di William! Allora era stata tutta una trappola! Un ghigno contorse il tenero viso di Peter scoprendone i denti e si trattenne appena in tempo dal lanciare il suo mitico grido di vittoria. Non era ancora il momento di attaccare o gioire, perché doveva prima conoscere tutti i loro progetti.
Poi un’altra voce dal pesante accento gutturale emerse dal buio:
“Milort, io non sa se Peter Pan sarà felice ti afere tutti kuesti turisti su sua isola…”
Come ahimé sappiamo benissimo, Peter aveva pochissima memoria ma quella voce…quella voce gli ricordava qualcuno…Sembrava quella di uno dei tanti Bimbi Smarriti che aveva accolto nella sua isola, ma tanti anni fa…Uno di quelli che poi aveva preferito crescere…
Peter fremeva: doveva ancora disperatamente ottenere delle informazioni, avrebbe voluto andare a parlare con loro ma non voleva assolutamente essere riconosciuto da Otto.
Ebbe l’idea di travestirsi.
Il campo indiano era per fortuna molto vicino e Peter vi volò direttamente col rischio di essere individuato dagli uomini del conte. Al campo, con l’aiuto di Giglio Tigrato che si divertiva moltissimo, mise pantaloni di cuoio, un collare di perline colorate proprio come un bimbo Piccaninny, piume d’aquila fra i capelli e dipinse il volto con i colori della tribù. Il travestimento fu reso più avventuroso dal fatto che Trilly, che non sopportava Giglio Tigrato e che diventava addirittura furiosa se la vedeva accanto a Peter, cominciò a fare dispetti mischiando i colori, nascondendo i pennelli costringendo così Peter, all’ennesimo scherzo, a imprigionarla sotto il grande tamburo di guerra. Attraverso la pelle tesa del tamburo però si vedevano i furiosi bagliori di luce di Trilly che non poteva più assistere al trucco di Peter. Giglio Tigrato, normalmente molto contenuta e di poche parole, cominciò invece a bella posta a fare risolini, a usare con Peter toni eccessivamente carezzevoli che indussero Trilly ai peggiori sospetti. Finalmente il travestimento fu completato, Trilly liberata e Peter andò all’accampamento del conte ed entrò nel cerchio di luce creato dal fuoco che era stato acceso al centro dello spiazzo camminando lentamente.
“Augh!” - disse alzando una mano in segno di pace – “Odore di cibo attraversa prateria e arriva fino a tende di Piccaninny. Piccola Freccia venuto di molto lontano…”
“Oh, pofero pimpo, tu molto affamato?” chiese gentilmente la voce dallo strano accento gutturale.
“Sì, molto grande uomo che vola! Come tu fa a venire volando?” disse con finta ingenuità Peter.
“Ach! Kon polfere magika!” rispose amabilmente il dottore.
Peter guardò allora Octopus con aria di finta ammirazione e domandò candidamente “Tu fata allora o tu grandissimo uomo di medicina?”
“Oh, nein, io no fata! – rispose Octopus divertito – “Io fa sì polfere per folare, ma io fa kon mia makkina in posto putzolente di Lontra!”
Il cuore di Peter sobbalzò e stava per porre un’altra domanda quando si udì la voce di Lord Bryan venire fuori dall’ombra:
“Senti bambino, ti piacerebbe imparare a giocare a golf?”
“Augh! A Piccola Freccia molto piacerebbe giocare, anche a compagni piacerebbe imparare…”
Peter parlò con tutti, ma tratteneva a stento l’eccitazione per aver capito che la polvere veniva fabbricata, chissà come, vicino Londra, nel luogo dove aveva trovato Wendy, Betty e William, e che, a fabbricarla, era stato proprio Otto, che una volta era stato un Bimbo Smarrito.
Doveva ottenere ancora un’ultima informazione e cercò di carpirla subdolamente proprio a quel maestro di inganni che era Lord Bryan “Siete molto pochissimi voi qui, Grande Uomo Che Vola, ma in isola ci sono pirati e belve e coccodrillo che vogliono mangiare noi bambini…Come voi difendere noi quando noi gioca a vostro gioco di golf?”
E qui il conte, troppo ansioso di tranquillizzare l’innocente bimbetto e i suoi amici per far fare loro da caddies senza salario al suo club, svelò a Peter che presto sarebbe ritornato nell’isola con un foltissimo gruppo di operai e soldati con armi per fare grandi case di pietra e difendere lui e i suoi amichetti da qualunque attacco.
E il conte concluse con la sua solita aria di superiorità: “E se i pirati vorranno combattere, sfrutteremo la nostra superiorità aerea. Da ora in poi le guerre le vincerà chi avrà la superiorità nei cieli!”
“Oh Grande Capo Bianco!” disse Peter facendo la faccina più ammirata che poté “Molto bello avere uomini volanti nell’isola a noi proteggere!
Noi piccoli Piccaninny assieme a Bimbi Smarriti fare per Grandi Uomini Che Vola qualunque cosa! Domani noi venire a vostro campo per avere istruzioni. Così mentre voi stare lontani da isola noi fare vostri scout e prendere informazioni su pirati, su belve e su tutto per voi!”
“Hai stoffa, ragazzo!” disse magnanimo il conte “Come hai detto che ti chiami?”
“Piccola Freccia è mio nome. Quello che tu detto ora, Grande Uomo Che Vola, stare per sempre in mio cuore e anche Piccola Freccia vuole entrare forte e stare sempre in tuo cuore!” disse con un ambiguo sorriso Peter Pan accomiatandosi ed allontanandosi a piedi nel buio.
Appena fu lontano si alzò in volo e si diresse alla Laguna delle Sirene verso la quale, al suo arrivo nell’isola, aveva visto veleggiare il galeone corsaro.
Scese in picchiata sulla nave dove i pirati dormivano e che sembrava totalmente deserta e percosse violentemente la campana di bordo svegliando tutti, poi si piazzò sulla coffa.
“Uncino! Svegliati Uncino! Debbo parlarti!” gridò dall’alto mentre dai boccaporti cominciava a uscire vociando la ciurma.
“Capitano! Capitano! C’è Peter!” urlò Spugna scorgendolo e prendendolo subito di mira con la pistola.
“Spugna! Questa volta non sono qui per combattere, ma sono venuto a parlare! Svegliatemi Uncino…”
In quel momento il boccaporto centrale del Jolly Roger si aprì e ne uscì Uncino che si stava ancora infilando la giacca.
Il feroce pirata odiava essere svegliato e trovava per di più molto indecoroso salire sul ponte tra i suoi uomini mostrando loro un aspetto trasandato. Cercò di darsi un tono mettendo a posto con noncuranza i merletti che gli uscivano dalla manica della giacca dalla parte dell’uncino, e chiese con aria indifferente:
“Bene, Peter, questa notte mi sento generoso. Parla, ti ascolto. Ma ti do solo cinque minuti per parlare, poi ordino il “Fuoco” alla ciurma. Tenetevi pronti, ragazzi!”
“Sono venuto da solo Uncino, - disse Peter - e sono venuto in pace a chiedere il tuo aiuto. Un grave pericolo minaccia l’isola e te e i tuoi pirati. Ma non posso certo parlarti da quassù! Se vuoi ascoltarmi, fai mettere giù le armi alla ciurma, poi ci mettiamo intorno ad un tavolo e ti racconto tutto!”
Uncino ci pensò un momento poi rispose:
“Io di te non mi fido Peter! Tu invece, se vorrai parlarmi, dovrai fidarti di me! Se il pericolo è reale ti prometto che non spareremo, te ne do la mia parola. Ma tu dovrai scendere fra noi!”
Peter non avrebbe mai dovuto fidarsi di Uncino, direte voi, e infatti, appena mise piede sulla tolda del Jolly Roger, Uncino gridò “Prendetelo!”, e tutti i pirati si gettarono su di lui.
Ma Peter non era certo impreparato e con un balzo laterale schivò abilmente la rete lanciata da Spugna per immobilizzarlo e schizzò verso l’alto fra una gragnola di proiettili.
“Verme schifoso!” urlò a sua volta ad Uncino “Non varrebbe proprio la pena di salvare la vita a te e ai tuoi ribaldi! Vuoi combattere? E combatti allora! Però, se non sei un vigliacco, fai scendere la tua ciurma sotto coperta e facciamo parlare le spade! Se vinco io loro dovranno ubbidirmi e anche tu dovrai obbedirmi, ammesso che tu sopravviva al duello!”
Uncino non poteva certo dar prova di vigliaccheria davanti ai suoi uomini e così dovette per forza accettare la sfida.
A lungo combatterono e la furia di Uncino costrinse Peter a una difesa che Peter sembrava subire sempre più debolmente, arretrando, sfuggendo agli a fondo, parando i colpi di Uncino in affanno tra le grida entusiastiche dei pirati che seguivano la contesa dalle feritoie dei boccaporti. Poi Uncino cominciò ad apparire affaticato e a quel punto Peter cominciò a deriderlo e a provocarlo, riaccendendone l’ira e provocando nuovi assalti che stremarono il pirata. Solo quando lo vide completamente senza fiato Peter, che era invece freschissimo, cominciò ad incalzarlo a sua volta spingendolo verso la murata esterna.
Uncino era ormai divenuto rosso come un peperone e non ce la faceva più nemmeno a tenere sollevata la lama e allora, quando fu del tutto incapace di difendersi, Peter gli puntò la spada alla gola, mente dal mare, sotto la murata, saliva un ticchettio che fece divenire cadaverico il volto di Uncino fino ad un momento prima paonazzo per la fatica:
“Ti offro una scelta, Uncino: lama, coccodrillo, o trattativa, dimmi, che preferisci?”
Quale pensate fu la scelta di Uncino?
“Trattativa, Peter, trattativa!” gemette il pirata cercando di scrutare con la coda dell’occhio le nere acque dell’oceano.
Costretto con la forza ad ascoltare Peter, Uncino fu invece presto sopraffatto dalla rabbia venendo a sapere dei piani di invasione del conte.
I suoi occhi divennero fiammeggianti, dal suo bocchino a due fuochi si sprigionarono nuvole di fumo e scintille, e cominciò a misurare con grandi passi la tolda della nave tra i brusii preoccupati dei pirati ancora chiusi nelle stive che seguivano di lontano la scena senza poter capire nemmeno una parola.
“Come?! Quel marrano vuol portare i turisti a pranzo sul mio galeone? Pensa forse che Uncino glielo consentirà? Uomini, udite!” - disse rivolto alla ciurma, e narrò loro, che lo ascoltavano attraverso i boccaporti, chiusi com’erano nelle stive, i progetti del conte e concluse - “Voi volete che quel ribaldo vi trasformi in aggraziate servette per cucinare il pranzo ai suoi turisti, proprio qui su questa nave che ha visto le vostre leggendarie imprese, o vorrete piuttosto combattere per la vostra libertà, per la vostra nave, per la vostra isola, per il vostro capitano?”
“Combattere! Combattere!” – urlarono i pirati - “Combattere fino alla morte!” questa fu l’impavida risposta di quella feccia dei mari.
“Hai sentito, Peter?” disse soddisfatto Uncino “Puoi contare su di loro. Per una volta tu ed io combatteremo insieme! Li uccideremo tutti! Taglieremo loro la gola uno ad uno, impediremo loro di tornare a Londra, e nessuno ne sentirà mai più parlare. L’Isolachenoncè sarà per loro l’Isoladelnonritorno!
Quanti sono e chi li comanda?” chiese alla fine.
“Non sono molti, ma sono bene armati, possono volare e li comanda uno che parla come te Uncino, uno che si chiama Ffink Pfenniger Jones!”
Per sua fortuna il viso di Uncino in quel momento non era illuminato e nessuno poté vedere l’espressione che gli attraversò il volto. Perché Uncino trasalì?
Il pirata rimase qualche istante in silenzio nell’ombra quasi avesse timore che mostrando il suo viso o parlando potesse in qualche modo tradirsi. Quando riacquistò il controllo delle proprie emozioni venne verso la luce e fece una strana domanda. Devo dirvi però, ad onor del vero, che Peter non percepì nulla di sospetto nelle sue parole apparentemente innocenti:
“Ffink Pfenninger Jones, come?” fu la domanda di Uncino.
“Parli proprio come lui!” rise Peter che era abilissimo nell’imitare gli accenti, e scimmiottando la pronuncia del conte sillabò “Ma Lord “Bryan” Ffink Pfenninger Jones, mi chiamo, cribbio!” –poi riacquistò la sua voce e aggiunse – “Io invece gli ho detto che il mio nome è Piccola Freccia una freccia che trapasserà domani il suo cuore! Lo ucciderò con le mie mani!”
“Peter se vuoi la mia alleanza devi lasciare a me il suo destino.” – disse Uncino guardandosi con fare noncurante le unghie – “Voglio essere io a decidere della sua vita. Se vuoi avermi alleato me lo devi promettere. E’ una condizione!”
“Va bene, concesso!” fece Peter magnanimemente “Vorrà dire che allora io mi riservo la vita di uno della sua banda, un infame traditore che una volta era stato qui con me nell’isola. Dobbiamo fare un piano per distruggerli. Dovremo avere con noi anche i pellerossa che sono minacciati quanto noi da questo verme di un Ffink Pfenninger Jones! Comunque il piano facciamolo tu ed io anche per loro. Mi chiamano il loro Grande Padre Bianco, non faranno alcuna difficoltà e mi ubbidiranno ciecamente!”
Peter aveva le idee molto chiare: gli uomini di Lord Bryan erano pericolosi perché volavano ed erano molto ben armati. Occorreva pertanto prenderli di sorpresa, mentre erano a terra e lontani dalle armi.
La sera successiva – disse - sarebbe andato al campo degli invasori con tutti i Bimbi Smarriti alcuni dei quali, come lui, sarebbero stati travestiti da Piccaninny. Era atteso al campo con altri bambini e lui e i suoi compagni avrebbero avuto, almeno agli occhi dei nemici, un aspetto mite ed indifeso. Si sarebbero messi a raccontare storie dell’isola per distrarli e avrebbero fatto rumore per coprire l’avanzare di Uncino e dei pellerossa. Quando gli avversari meno se lo fossero aspettati, ad un segnale di Peter, sarebbe stato sferrato l’attacco.
Parlarono a lungo. Ma cos’era quella strana luce che Uncino aveva negli occhi quando Peter lasciò la nave? L’infido pirata preparava già il tradimento? Quale oscuro legame univa il leggendario capitano del Jolly Roger a Lord Bryan Ffink Pfenniger Jones? Riuscirà Peter a salvare l’isola dall’assalto dell’infame Lord Rubbish?



2 commenti:

  1. davvero complimenti! mi piace un sacco!

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  2. Grazie Mirko! visita il mio sito di quando in quando perchè a breve pubblicheremo anche altri libri!

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