giovedì 10 novembre 2011

Capitolo 12 - A Londra, a Londra!


“A Londra, a Londra! Dobbiamo correre subito a Londra!” insisteva Peter di fronte ad un Uncino apatico e distratto.
“E perché dovremmo andare a Londra, di grazia?” chiese per l’ennesima volta Uncino sbadigliando e mettendosi negligentemente a posto i pizzi del colletto della camicia.
“Perché quel cane di Lord Bryan sta producendo un’enorme quantità di polvere per volare e tornerà sicuramente qui all’isola con un esercito, e allora non potremo più contare sul fattore sorpresa…Quante volte te lo debbo dire?”
“Ma noooo! Vedrai che non torna, né mai consentirà che qualcuno ritorni…In fondo quel Lord Bryan è un eccellente Scarafaggio…” si lasciò sfuggire Uncino.
“Più che un eccellente scarafaggio è un grandissimo verme! Senti, Uncino! Otto mi dice che il conte ha un figlio che al posto del sangue ha il veleno distillato di cento vipere! Io andrò a Londra, anche se tu non verrai con me! Occorre almeno controllare quali sono i loro piani…A me lui aveva espressamente detto che questa era solo una prima ricognizione. Non vorrei ritrovarmi lo scarafaggio e i suoi scarafaggetti qui tra due settimane, armati fino ai denti…Adesso che Otto è prigioniero potremmo limitarci a distruggergli la macchina, i piani per costruirla e le scorte di polvere che avrà accumulato… Senza Otto non riusciranno mai a ricostruirla e l’isola sarà salva…
Giacomo, se mi accompagni, ti faccio cospargere di polvere di fata da Trilly e voliamo insieme subito a Londra! Non c’è tempo da perdere!”
Se c’era una cosa che Uncino aveva sempre desiderato era volare! Aveva sempre invidiato Peter quando lo vedeva arrivare dall’alto, piroettare tra le sartie del Jolly Roger e fare a nascondino dietro i pennoni…Era un’invidia profonda e viscerale che si trasformava ogni volta in odio impotente che lo travolgeva in un’ansia mortale!


Adesso avrebbe potuto volare…Volare anche lui…Avrebbe potuto volare forse anche …
Sapete già che Giacomo Uncino era inglese, educato in Inghilterra in qualche scuola prestigiosa e membro di una grande nobile famiglia da cui si era allontanato per dedicare la sua scellerata esistenza alla corsa sui mari…
“Potrò volare anche a Londra?” chiese alla fine Uncino titubante ma con occhi sognanti.
“Certamente!” rispose Peter che aveva già capito di avere vinto.
“E allora dì a questa affascinante donzella” – fece Uncino rivolto a Campanellino facendole un cerimonioso inchino – “che Giacomo Uncino invoca la sua polvere, attende il suo magico tocco capace di renderlo più leggero dell’aria e si inchina ai piedi di madamigella come uno schiavo devoto dicendo: Portami a Londra dolcissima Trilly e sarò tuo servo per sempre!”

“A Londra, a Londra, scappiamo subito a Londra!” avevano detto qualche ora prima anche Lord Bryan e i suoi uomini appena il misterioso salvatore li aveva lasciati, e subito avevano sfilato dalle comode tasche dello zaino “Overtherainbow” (confezione lusso) ognuno la propria preziosa bomboletta di Polvere Simil Fata Jones, e avevano preso la via di casa, umiliati e sconfitti.
Il viaggio del conte durò a lungo: è sempre difficile stabilire quanto durano i viaggi da e per l’isola, perché i giorni e le notti si susseguono con ritmo bizzarro, il tempo, gli stati d’animo, tutto influisce sulla durata, e gli stati d’animo del conte e dei suoi compagni non erano dei migliori, cupi e appesantiti com’erano dall’insuccesso.
Quello che si può dire è che tra la partenza trionfale e l’inglorioso ritorno di Lord Bryan, erano trascorsi cinque mesi.
Era una calda notte d’estate quella che vide il ritorno di Lord Bryan a Londra.
Il conte decise di dirigersi in primo luogo alla discarica che era un po’ il suo quartier generale anche per lasciarvi i suoi uomini e arrivando notò con sorpresa alcuni cambiamenti che, lì per lì, non fu in grado di valutare: dall’alto si vedeva il laboratorio inusualmente illuminato a giorno e un insolito via vai di grandi carri e carretti (questi ultimi spinti a mano dai piccoli orfani), che portavano enormi quantità di rifiuti al sintetizzatore alimentandolo a ciclo continuo. Inoltre tutto l’immenso perimetro della discarica era stranamente circondato da alte e cupe barriere di filo spinato intervallate da garitte dove uomini in divisa armati e muniti di potenti riflettori controllavano i confini.
All’interno della discarica, tra le garitte, c’erano anche numerose pattuglie di guardiani armati con cani al guinzaglio che perlustravano le cinte.
“Mortimer, figlio mio!”
“Padre!” fu un rapido abbraccio quello tra i due perché ognuno si sciolse ansioso di squadrare meglio l’altro che sembrava sicuramente cambiato dall’ultima volta che si erano visti.
Certo Lord Bryan appariva cambiato. La sua orgogliosa abituale sicurezza appariva più che scalfita dalla sconfitta ma, al termine del fedele ed onesto resoconto che fece al figlio delle sue gesta, e dopo aver raccontato anche del provvidenziale intervento dell’ignoto amico, sembrava rinfrancato:
“Beh, questa dell’isola è una storia conclusa! Ho promesso che non tornerò, e sarò di parola! Ma ci sono tante altre cose da fare! Invaderemo il mondo con il Riciclato Jones, anzi, ho visto che stai producendolo a ritmi sostenuti…Ho già in mente una straordinaria campagna di vendita e, se ci riesco, mi faccio dare anche un sussidio dal Governo per ogni scatoletta di Riciclato consegnata ai meno abbienti che non possono pagare…”
Dicendo queste cose, finita l’onda dei ricordi e tornato al presente, il conte cominciò a notare però i cambiamenti di Mortimer e dell’ambiente che lo circondava.
“Ma che è successo, qui, Mortimer?” chiese incuriosito alla fine.
Il conte notò sorpreso che il figlio indossava una cupa divisa scura e ai piedi calzava lucidi stivali di nerissimo cuoio e che l’unico elemento di colore del suo abbigliamento era una fascia bianca sul braccio sulla quale, in un cerchio rosso, erano scritte in nero le lettere “FF”, le iniziali del primo nome di famiglia.
Il conte, sempre più sorpreso, si accorse anche che negli angoli della stanza erano stati sistemati alcuni stendardi neri, rossi o bianchi che recavano tutti impresse le lettere “FF” e che, dietro le spalle di Mortimer, nell’ombra, c’erano Johnny il Fetido lavato e tirato a lucido, assieme ad un suo compagno. Entrambi sull’attenti, indossavano la stessa nera divisa di Mortimer con in più una fondina con pistola alla cinta.
“Ascoltami!” disse Mortimer alzandosi e andando verso di lui “Mentre eri via, qui sono cambiate molte cose! Mi avevi detto di “PENSARE GRANDE”? Ebbene io l’ho fatto! Ti sembra grande conquistare il mondo vendendo alla povera gente del puzzolentissimo cibo riciclato?
Il nostro sintetizzatore ci dà la polvere per volare, e con quella la possibilità di avere la supremazia dei cieli in caso di guerra e nessun esercito potrà mai competere con noi.
In queste ore la nostra macchina sta producendo ed immagazzinando le scorte di polvere che ci occorrono e subito dopo, sempre con il sintetizzatore, inizieremo a produrre armi, armi e solo armi. E’ con le armi che si conquista il mondo, non con il riciclato! Nessuno avrà da obiettare se le armi che produrremo avranno cattivo odore, né il soldato che le usa per vincere, né il nemico che ne viene colpito!
La nostra macchina riprodurrà qualunque arma, ha solo bisogno di essere alimentata con la spazzatura.
Ho già programmato tutta la nostra azione e, credimi, sarà una guerra lampo, il mondo cadrà ai nostri piedi.
Dovremo avere molti sintetizzatori in quasi tutti i paesi del globo, e prendendo gli appalti per la distruzione dei loro rifiuti costruiremo direttamente da loro le nostre armi, arruoleremo nei loro paesi personale per questo lavoro e lo addestreremo al volo e all’uso delle armi per una guerra che nessuno si aspetta e cui nessuno potrà resistere!
Dall’alto bombarderemo le loro città indifese, mitraglieremo i loro eserciti, distruggeremo le loro strade…”
“Ma le “loro” città di chi?” farfugliò il conte sconvolto.
“Le “loro” città, padre, le città di tutti, anche quelle degli inglesi naturalmente, almeno fino a quando non diventeranno le “nostre” città, le città dei Ffink Pfenninger Jones, quelle su cui eserciteremo il nostro dominio!”
“Mortimer!” – disse il conte stravolto – “ e il Re?”
“Re e regine? Puah! Sono tutti un maleodorante residuo del passato, padre! Rimuoveremo da tutto il mondo questi squallidi simulacri di un potere marcio e corrotto e li sostituiremo con un Nuovo Ordine che ubbidisca a regole nuove, a uomini nuovi…” – e rivolgendosi a Johnny il Fetido e al suo compagno – “Vero, ragazzi?”
“Grande Mortimer!” scattarono i due salutando militarmente.
“Riposo, ragazzi riposo…” disse magnanimo Mortimer andando di fronte al conte.
“E adesso diamoci da fare padre! Qui abbiamo già soldati perfettamente addestrati ed armati. Entro quattro giorni a partire da oggi, appena ti sarai riposato, tornerai con loro all’isola, la conquisterai, distruggerai ogni possibilità di resistenza interna e, soprattutto, libererai Octopus e lo riporterai qui.
Octopus è la nostra arma segreta, è l’unico che in poco tempo può far costruire decine di sintetizzatori e magari perfezionarli.
L’isola è importante: sarà la base dalla quale potremo operare senza che nessuno possa mai raggiungerci e lì accumuleremo i nostri tesori che porteremo via da ogni parte del mondo.
Bene, padre! Adesso sarai stanco! Hai fatto un lungo viaggio! Vatti a riposare…”
“Ma…Mortimer…” farfugliò il conte stravolto “Bombardare Londra…Rimuovere il Re!…Costruire un Nuovo Ordine!…Ma io amo l’Inghilterra, amo il mio Re…Questa storia non mi piace, Mortimer…E poi io non posso e non voglio nemmeno tornare all’isola né consentire a nessuno di tornarci perché l’ho giurato a chi mi ha liberato…Poi, anche se tu conquisti il mondo, poi dopo, come farai a mantenerlo questo Nuovo Ordine? Te lo sei chiesto? Per questo non puoi certo essere preparato!”
Mortmer incombeva adesso freddo e minaccioso sul padre che era rimasto seduto e lo guardava dall’alto senza alcuna espressione, con gli occhi parzialmente coperti da quella sua ciocca di unti capelli corvini.
“Mi dispiace molto di essere arrivati a questo punto, papà,” - disse dopo qualche istante di silenzio con voce gelida – “ma nel mio Nuovo Ordine non c’è posto né per gli sconfitti, né per chi non obbedisce, né per i traditori, né tanto meno per i disfattisti! Non avrei mai pensato di fare quello che mi costringi a fare, papà, ma non me ne dai scelta e poi, lo vedi,” – si guardò intorno cercando con lo sguardo gli occhi delle guardie –“io sono il capo qui e debbo necessariamente dare a tutti il buon esempio.
Johnny! Guilbert! Preparerete voi la spedizione all’isola assieme agli uomini che sono appena tornati con lui. Partiremo fra quattro giorni e vi guiderò io…
Quanto a lui, portatelo via! Che sia controllato a vista nel nostro palazzo di Belgravia e, mi raccomando, trattatelo bene, almeno finché lui si comporta bene!”.



4 commenti:

  1. Bene, è arrivato! ma ho letto su FB che questo è l'ultimo capitolo che verrà pubblicato sul blog, è vero?
    G.

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  2. Sì, è l'ultimo perchè adesso è disponibile la versione definitiva del libro su LULU (per chi vuole sapere come va a finire, fino a Natale si può avere l'e-book a soli € 1,50!!).
    Poi facci avere i tuoi commenti sul libro!

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  3. Se ti sta antipatico significa che il personaggio è riuscito bene! :)

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